La relazione tecnica psicologica: perché è fondamentale per l’avvocato affidarsi a consulenti esperti
- Laura Cocozza
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min

Nel corso di una causa civile o penale, capita sempre più spesso che venga richiesto l’intervento di uno psicologo forense: nei casi di affidamento dei figli, nelle separazioni conflittuali, nei procedimenti per la decadenza della responsabilità genitoriale, nelle perizie sulla capacità di intendere e volere, o ancora nei contesti in cui si valuta l’attendibilità di una testimonianza.
In tutti questi casi, la relazione tecnica psicologica diventa uno strumento chiave: aiuta il giudice a prendere decisioni su aspetti che non si possono cogliere semplicemente leggendo gli atti o ascoltando le parti.
Ma non tutte le relazioni tecniche sono uguali. Una consulenza fatta da un professionista esperto, con competenza specifica in ambito forense, può fare una differenza sostanziale per l’esito di una causa.
Vediamo perché – e soprattutto perché un avvocato non dovrebbe mai sottovalutare l’importanza di avvalersi di consulenti psicologi realmente preparati e con esperienza nel campo forense.
Una relazione non è solo “un parere”: è una prova tecnica
Quando uno psicologo forense redige una relazione, questa non è un’opinione personale o una generica descrizione delle persone coinvolte: è un documento tecnico che ha valore probatorio. Il giudice la leggerà attentamente, la citerà nella sentenza e potrà fondare le sue decisioni proprio su ciò che emerge da quella valutazione.
Per questo è fondamentale che la relazione:
sia strutturata in modo chiaro;
risponda in modo diretto ai quesiti posti dal giudice;
sia basata su metodologie riconosciute e trasparenti;
riporti in modo fedele quanto emerso nei colloqui, nei test, nelle osservazioni;
traduca tutto questo in considerazioni utili per il processo, non in interpretazioni astratte o moralistiche.
Un buon avvocato sa che non basta che la relazione “suoni bene”: deve reggere a un esame critico, deve essere costruita su basi solide, e soprattutto deve saper parlare al giudice con un linguaggio chiaro, oggettivo, imparziale.
Perché serve un consulente esperto
Nel nostro ordinamento, il giudice può nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), e le parti possono nominare i propri Consulenti Tecnici di Parte (CTP). In entrambi i casi, è fondamentale che lo psicologo incaricato abbia esperienza specifica in ambito forense. Non basta essere psicologi clinici o psicoterapeuti: la valutazione in ambito giudiziario ha regole, responsabilità e finalità del tutto particolari.
Un consulente esperto sa, ad esempio:
che ogni parola scritta nella relazione può avere un peso legale enorme;
che non si deve mai dare giudizi morali, ma analizzare fatti, comportamenti, dinamiche;
che bisogna mantenere una posizione neutra e terza, anche quando le situazioni sono emotivamente coinvolgenti;
che le tecniche utilizzate devono essere spiegabili e replicabili, in modo che ogni parte possa comprenderle o eventualmente contestarle.
Un professionista inesperto, al contrario, rischia di:
usare un linguaggio troppo tecnico o troppo vago, che non aiuta il giudice a decidere;
cadere in interpretazioni soggettive o poco supportate;
sbilanciarsi senza rendersene conto, magari dando maggiore credibilità a una parte senza aver valutato a fondo anche l’altra;
omettere informazioni importanti, oppure inserire dati clinici non rilevanti per i quesiti posti.
Che cosa distingue una relazione ben fatta da una approssimativa
Una relazione ben costruita si riconosce perché:
ha una struttura leggibile, con sezioni chiare (quesiti, metodologia, colloqui, test, conclusioni);
rende accessibili anche ai non addetti ai lavori i concetti psicologici complessi;
mantiene un equilibrio tra rigore scientifico e chiarezza comunicativa;
è sostenuta da dati osservabili e verificabili;
fornisce risposte esplicite e motivate ai quesiti posti.
Una relazione approssimativa, invece:
è confusa o mal organizzata;
usa un linguaggio oscuro o, al contrario, troppo generico;
si sofferma su aspetti marginali, trascurando quelli decisivi per il processo;
manca di una vera metodologia (ad esempio, non usa strumenti validati, o non esplicita i criteri di valutazione);
presenta conclusioni frettolose o sbilanciate.
L’importanza strategica per l’avvocato
Per l’avvocato, una buona relazione tecnica può essere una leva strategica potente.
Può confermare l’idoneità genitoriale del proprio assistito, smontare un’accusa infondata, mostrare la reale dinamica di una relazione familiare, oppure mettere in luce un disagio psicologico che ha influenzato un comportamento.
Ma per ottenere questi risultati, è fondamentale scegliere bene il consulente di parte, saper analizzare criticamente le relazioni del CTU, e – se necessario – formulare osservazioni tecniche puntuali, fondate su argomenti chiari e verificabili.
Affidarsi a consulenti improvvisati, poco esperti o non aggiornati, significa esporsi al rischio che la voce tecnica a favore della parte venga svalutata, ignorata o – peggio – utilizzata contro di essa.
Conclusione
In ambito giudiziario, la psicologia forense non è una disciplina teorica: è un sapere applicato, che deve servire concretamente alla giustizia. Per questo motivo, ogni relazione tecnica psicologica deve essere costruita con rigore, chiarezza e competenza.
Per l’avvocato, sapere come leggere, comprendere e utilizzare questi documenti è parte integrante del lavoro legale. E per farlo bene, è necessario avere al proprio fianco consulenti esperti, capaci di portare nel processo non solo il sapere psicologico, ma anche la capacità di renderlo comprensibile, utile e affidabile agli occhi del giudice.
Se desideri approfondire questi temi o ricevere supporto tecnico in una causa in corso, il nostro studio è a disposizione per affiancare i legali nella lettura critica delle relazioni e nella costruzione di consulenze psicologiche efficaci.
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