Mediatore, Coordinatore Genitoriale, Facilitatore: le differenze fra le figure professionali a supporto della famiglia in crisi.
- PsyLex

- 27 giu
- Tempo di lettura: 4 min

In ambito familiare, specialmente nei contesti di separazione e divorzio ad alta conflittualità, si fa spesso riferimento a professionisti esterni che svolgono ruoli diversi ma complementari.
Mediatore familiare, coordinatore genitoriale, facilitatore relazionale, counselor di coppia e consulente tecnico (CTU/CTP) sono figure che, pur condividendo l’obiettivo di favorire il benessere dei minori e ridurre la conflittualità, operano con strumenti, finalità e mandati distinti. Per l’avvocato che assiste genitori in situazioni di crisi, è fondamentale saper orientare la propria clientela verso il percorso più adeguato.
Di seguito un’analisi dettagliata delle differenze.
1. Mediatore Familiare: promuovere l’accordo nella separazione
Definizione e scopo: Il mediatore familiare è un professionista formato a gestire i conflitti derivanti da separazione o divorzio, facilitando il dialogo tra le parti per raggiungere un accordo condiviso e sostenibile. L’obiettivo primario è la riorganizzazione delle relazioni familiari, in particolare quelle genitoriali, minimizzando gli effetti negativi sui figli.
Caratteristiche principali:
Agisce su base volontaria e consensuale: le parti devono essere disposte a partecipare.
Il percorso di mediazione è riservato e confidenziale, senza valore probatorio.
Il mediatore è imparziale: non assume decisioni né esprime giudizi, ma favorisce l’autonomia delle parti.
Il prodotto finale può essere un accordo di mediazione che, se recepito dagli avvocati e omologato dal giudice, diventa esecutivo.
Quando consigliarlo agli assistiti: Quando le parti, pur conflittuali, mantengono un margine di comunicazione e sono motivate a trovare un’intesa, specialmente per la definizione di tempi di frequentazione, gestione economica e altre questioni pratiche.
2. Coordinatore Genitoriale: intervento nei casi di alta conflittualità
Definizione e scopo: Il coordinatore genitoriale è un professionista con formazione specifica nell’ambito psico-giuridico, incaricato (spesso dal giudice o con accordo tra le parti) di supportare genitori altamente conflittuali nell’attuazione pratica degli accordi o delle decisioni giudiziarie, aiutandoli a gestire i problemi quotidiani e a tutelare i figli.
Caratteristiche principali:
L’intervento può essere volontario o disposto dal Tribunale, soprattutto in casi di conflitto cronico.
Può proporre soluzioni concrete rispetto a questioni come turni di visita, comunicazioni scuola-genitori, attività extra.
Il coordinatore può avere un ruolo più direttivo rispetto al mediatore, fino a suggerire o raccomandare modalità di gestione (in alcuni modelli, come il Parenting Coordination americano, anche con valore vincolante entro limiti definiti).
Agisce con un focus centrato sul best interest of the child: la priorità è il benessere dei minori.
Quando consigliarlo agli assistiti: Quando gli ex-partner hanno un livello di conflitto tale da compromettere sistematicamente la gestione dei figli e degli accordi, anche dopo sentenze o provvedimenti, ma non ci sono gravi inadeguatezze genitoriali che richiedano l’intervento dei servizi sociali.
3. Facilitatore: favorire la comunicazione nei contesti più ampi
Definizione e scopo: Il facilitatore è una figura meno codificata e più flessibile rispetto al mediatore e al coordinatore. Può operare all’interno di contesti istituzionali (scuole, servizi sociali) o privati, con la funzione di migliorare la comunicazione tra soggetti diversi coinvolti nella cura di un minore (genitori, nonni, nuovi partner, insegnanti).
Caratteristiche principali:
Intervento breve e mirato a specifiche criticità comunicative o organizzative.
Non richiede la formalità di un percorso di mediazione né la struttura di un coordinamento genitoriale.
Può intervenire anche con incontri separati o incontri pluri-familiari.
È indicato nei casi in cui le tensioni sono moderate e non si è in una fase di contenzioso giudiziario acuto.
Quando consigliarlo agli assistiti: Quando servono strumenti pratici per ricostruire canali di comunicazione o coordinare diversi adulti coinvolti nella crescita del bambino, ma il conflitto non è così elevato da necessitare un coordinamento genitoriale.
4. Counselor familiare, terapeuta di coppia, consulente psicologico
Definizione e scopo: Spesso genitori o avvocati confondono la mediazione o il coordinamento con percorsi di supporto psicologico o terapia. Counselor e terapeuti hanno invece finalità diverse:
Lavorano sull’elaborazione emotiva e sulla comprensione dei vissuti personali.
Possono aiutare a gestire lutti, separazioni o cambiamenti, ma non entrano nella strutturazione di accordi concreti.
Hanno percorsi clinici o di counseling individuali o di coppia.
Quando consigliarlo agli assistiti: Quando emergono segnali di depressione, ansia, blocchi emotivi, difficoltà nell’adattarsi alla nuova situazione familiare, che possono compromettere la capacità genitoriale o il benessere personale.
5. Consulente Tecnico (CTU/CTP): la figura forense
Definizione e scopo: Il consulente tecnico d’ufficio (CTU) è nominato dal giudice nei procedimenti di separazione o affidamento per valutare le capacità genitoriali, la relazione con i figli e fornire al Tribunale elementi utili a definire la collocazione o le modalità di visita. Il consulente tecnico di parte (CTP) assiste invece uno dei genitori, garantendo che la CTU si svolga con correttezza.
Caratteristiche principali:
Ha un mandato peritale, non terapeutico né mediativo.
Redige una relazione tecnica con osservazioni, test psicodiagnostici e colloqui.
Le attività sono vincolate a quesiti del giudice, non orientate alla risoluzione diretta del conflitto.
Quando coinvolgerlo: Quando la conflittualità sfocia in un procedimento giudiziario in cui è necessario stabilire l’idoneità genitoriale, il regime di affidamento, o approfondire dinamiche relazionali (es. rifiuto del minore verso un genitore).
6. Altre figure: tutor, educatore domiciliare, supervisore
In alcune situazioni, specialmente su disposizione dei servizi sociali o del Tribunale, possono essere attivate altre figure:
Tutor per le visite protette, per garantire la sicurezza del minore negli incontri con un genitore con criticità.
Educatore domiciliare, per supportare la gestione quotidiana dei figli in contesti di disagio.
Supervisore di incontri, nei casi in cui sia necessario un monitoraggio delle interazioni genitore-figlio.
Conclusioni: il ruolo dell’avvocato nella scelta del percorso
Per l’avvocato, saper distinguere tra mediazione, coordinamento genitoriale, facilitazione, counseling, CTU e altre figure è essenziale per:
informare correttamente i clienti;
evitare percorsi inutili o controproducenti;
proporre al giudice interventi mirati che possano realmente ridurre la conflittualità e tutelare i minori.
Comprendere le differenze fra queste figure professionali consente di orientare la strategia difensiva o negoziale, valorizzando gli strumenti extragiudiziali quando possibile e ricorrendo alla tutela giudiziaria quando necessario.





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