Cosa può fare lo psicologo per l’avvocato giuslavorista?
- PsyLex
- 24 mag
- Tempo di lettura: 3 min

Verso una collaborazione integrata per la tutela dei diritti e del benessere psicologico
Nel mondo delle controversie di lavoro, l’avvocato giuslavorista si trova a gestire casi sempre più complessi, in cui non si parla solo di norme e contratti, ma di vite personali profondamente segnate da esperienze di mobbing, stress lavoro-correlato, demansionamento, licenziamento discriminatorio, burnout e conflitti prolungati sul posto di lavoro.
Dietro ogni fascicolo legale, c’è spesso una storia di sofferenza psicologica che rischia di restare inascoltata o sottovalutata, se non adeguatamente compresa e documentata.
Ecco perché oggi più che mai è fondamentale una sinergia operativa tra avvocato giuslavorista e psicologo. Una collaborazione che può fare la differenza sia nel rafforzare il fascicolo probatorio, sia nel tutelare la salute psicologica del cliente durante e dopo il procedimento.
Vediamo insieme come e perché lo psicologo può diventare un alleato prezioso per l’avvocato giuslavorista.
1. Tradurre il disagio psicologico in un linguaggio tecnico e giuridico
Quando un lavoratore subisce mobbing, straining o altre forme di vessazione sul lavoro, spesso si trova a dover raccontare sensazioni soggettive: umiliazione, esclusione, perdita di fiducia, ansia, paura, frustrazione.
Lo psicologo può aiutare a trasformare questi vissuti in elementi oggettivi, attraverso:
✅ Colloqui clinici mirati e strumenti di valutazione standardizzati (ad esempio: Mobbing Perceived Questionnaire, SCL-90-R, BDI, ecc.);
✅ Una relazione tecnica che documenti in modo chiaro e articolato la presenza di un danno psichico, il nesso causale tra condotte lavorative e disagio psicologico, e le eventuali ripercussioni sulla vita personale e professionale del lavoratore.
Questa documentazione diventa un supporto fondamentale per l’avvocato nella costruzione del fascicolo e nella dimostrazione del danno subito, soprattutto nei casi di mobbing, licenziamento illegittimo o discriminazione.
2. Preparare il cliente a sostenere l’audizione o l’interrogatorio
Per un cliente già provato psicologicamente, l’idea di doversi esporre in un’aula di tribunale, raccontare eventi traumatici, rispondere a domande incalzanti, può essere fonte di stress acuto.
Lo psicologo può intervenire con:
✅ Tecniche di preparazione psicologica, aiutando il cliente a gestire ansia e tensione emotiva;
✅ Esercizi per migliorare la chiarezza espositiva, la capacità di focalizzare i fatti rilevanti e di mantenere un atteggiamento assertivo e centrato;
✅ Un percorso di sostegno psicologico mirato per affrontare le paure e i blocchi legati al confronto con l’ex datore di lavoro o con i legali della controparte.Un cliente più consapevole e sereno è anche un cliente più credibile e più efficace in sede di testimonianza.
3. Fornire una chiave di lettura psicologica del caso
Molti casi di mobbing o discriminazione si giocano su elementi relazionali e contestuali difficili da decifrare:
Perché il lavoratore è stato isolato?
Cosa ha scatenato la reazione ostile del datore di lavoro?
In che modo la dinamica di gruppo ha favorito l’esclusione?
Lo psicologo, attraverso una lettura clinico-sistemica del caso, può offrire all’avvocato una cornice interpretativa più ampia, utile per:
✅ Comprendere i meccanismi psicologici sottostanti al conflitto;
✅ Individuare eventuali pattern relazionali disfunzionali;
✅ Prevedere le reazioni emotive della controparte o del cliente stesso;
✅ Sostenere l’avvocato nella scelta delle strategie difensive più adeguate.
4. Sostenere il cliente nel percorso di ricostruzione post-trauma
Una causa di lavoro, anche se vinta, non cancella i segni lasciati da un periodo di mobbing o di stress prolungato.
Il lavoratore può uscire dal processo:
Sfiancato emotivamente;
Con un danno psicologico che richiede un percorso di cura;
Con la necessità di ricostruire la propria identità professionale e di ritrovare fiducia in sé e negli altri.
Lo psicologo può affiancare il cliente con:
✅ Un percorso di elaborazione del trauma lavorativo;
✅ Tecniche di empowerment per ripristinare autostima e resilienza;
✅ Sostegno nella ricerca di nuove opportunità professionali e nella definizione di progetti futuri.
5. Una collaborazione strategica per una tutela più completa
L’integrazione tra diritto e psicologia non è solo una scelta tecnica: è una presa in carico integrale della persona.
Per l’avvocato giuslavorista, collaborare con uno psicologo significa:
✅ Offrire al cliente un supporto multidisciplinare più completo;
✅ Rafforzare il fascicolo probatorio, soprattutto nei casi di danno non patrimoniale;
✅ Aumentare le probabilità di ottenere risarcimenti più adeguati;
✅ Evitare che il cliente, durante il processo, viva nuove forme di vittimizzazione secondaria.
In conclusione: una nuova alleanza per il diritto al benessere
Il mondo del lavoro è sempre più complesso, e le sfide del diritto giuslavoristico richiedono uno sguardo integrato.
La collaborazione tra avvocato e psicologo non è un “di più”, ma una risorsa strategica per garantire una tutela piena dei diritti e della salute del lavoratore.
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Insieme possiamo fare la differenza.
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