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Mobbing e stress lavoro-correlato: come si valuta il danno psicologico.

  • Immagine del redattore: Laura Cocozza
    Laura Cocozza
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

donna alla scrivania che riflette

Nel mondo del lavoro, il benessere psicologico del dipendente è fondamentale. Ma cosa succede quando l’ambiente lavorativo diventa fonte di malessere, umiliazione, isolamento o pressione costante?


In questi casi si può parlare di mobbing o di stress lavoro-correlato, situazioni che possono generare conseguenze psicologiche significative e, nei casi più gravi, configurare un danno psichico risarcibile.



📌 Mobbing: di cosa si tratta?


Il termine mobbing indica un insieme di comportamenti sistematicamente ostili e vessatori messi in atto sul luogo di lavoro, da parte di superiori o colleghi, con lo scopo (o l’effetto) di emarginare, screditare o danneggiare un lavoratore.

Non si tratta di un singolo episodio, ma di una condotta protratta nel tempo, spesso subdola e relazionale.


Esempi comuni di mobbing includono:


  • isolamento del lavoratore dal gruppo;

  • svalutazione costante delle sue competenze;

  • carichi di lavoro eccessivi o al contrario svuotamento delle mansioni;

  • offese, sarcasmo, insinuazioni;

  • minacce velate o ricatti impliciti.


Il mobbing può essere verticale (da superiori a subordinati), orizzontale (tra colleghi) o strategico (quando l’azienda spinge il dipendente a dimettersi).



💼 Stress lavoro-correlato: cos'è?


Lo stress lavoro-correlato è una condizione di sovraccarico emotivo, cognitivo o fisico generato da fattori organizzativi, relazionali o ambientali legati all’attività lavorativa.


Diversamente dal mobbing, non presuppone l’intenzionalità persecutoria, ma può comunque causare danni importanti alla salute psicologica del lavoratore.

Può essere dovuto a:


  • eccessive richieste di prestazione;

  • ambiguità nei ruoli;

  • conflitti con colleghi o superiori;

  • mancanza di autonomia o riconoscimento.



⚖️ Quando si può parlare di danno psicologico?


Il danno psichico (o danno biologico di natura psichica) è un danno alla salute mentale che compromette il benessere psicologico e/o il funzionamento sociale e lavorativo della persona.


In ambito lavorativo, può configurarsi un danno psicologico quando:


  • il lavoratore è esposto a condizioni nocive e prolungate (mobbing o stress intenso),

  • compaiono sintomi significativi (ansia, depressione, disturbi psicosomatici, burn-out),

  • viene accertata una compromissione della qualità di vita o della capacità lavorativa.


Il danno può essere:


  • temporaneo (legato al periodo dell’esposizione),

  • permanente (quando si sviluppano disturbi strutturati o invalidanti).



Eristress lavoro-correlato: quando il conflitto diventa tossico

Nel mondo del lavoro moderno, il conflitto è un elemento inevitabile. Divergenze di opinione, pressioni operative, cambiamenti organizzativi fanno parte della normale dinamica lavorativa. Tuttavia, quando il conflitto assume caratteristiche persistenti, relazionali e distruttive, può generare uno stress specifico, profondo e insidioso: l’eristress lavoro-correlato.



📌 Cos'è l'eristress lavoro-correlato?


Il termine eristress unisce eris (dal greco “discordia”) e stress, e indica una forma di stress cronico causato dalla conflittualità interpersonale sistematica, che si manifesta con modalità polemiche, oppositive, giudicanti o svalutanti.


Nel contesto lavorativo, l’eristress si genera quando il dipendente è esposto in modo continuativo a un clima relazionale tossico, basato su ostilità, sfiducia, escalation comunicative e assenza di spazi per la cooperazione.



🔍 È diverso dallo stress generico?


Sì. Lo stress lavoro-correlato può derivare da molteplici fattori (carichi di lavoro, ambiguità di ruolo, mancanza di risorse), senza necessariamente coinvolgere relazioni ostili.L’eristress, invece, è relazionale per natura: nasce da interazioni conflittuali reiterate, spesso non esplicitamente aggressive, ma logoranti sul piano emotivo e identitario.



🧠 Cause e contesti tipici


L’eristress lavoro-correlato può svilupparsi in ambienti dove:


  • ci sono dinamiche gerarchiche oppressive (es. micro-management, delegittimazione continua);

  • il conflitto tra colleghi è mal gestito o ignorato;

  • esiste un clima competitivo esasperato o iper-controllante;

  • la cultura aziendale tollera comportamenti svalutanti, sarcasmo, isolamento relazionale;

  • non ci sono canali strutturati per il confronto, la negoziazione o la gestione dei reclami.



📉 Effetti sull’individuo


Chi vive in una situazione di eristress cronico può sviluppare:


  • ansia anticipatoria nel recarsi al lavoro;

  • disturbi psicosomatici (mal di testa, disturbi gastrointestinali, insonnia);

  • riduzione della motivazione e dell’autoefficacia;

  • sentimenti di persecuzione, impotenza, fallimento personale;

  • nei casi più gravi, sintomi depressivi o disturbi post-traumatici.


L’effetto più insidioso è che la persona può arrivare a dubitare del proprio valore professionale, entrando in un ciclo di autosvalutazione che aggrava ulteriormente il disagio.



⚖️ Implicazioni giuridiche: quando si configura un danno psichico?


Se documentato in modo adeguato, l’eristress può essere riconosciuto come danno psichico lavoro-correlato, nei casi in cui:


  • ha prodotto un prejudice alla salute mentale (diagnosticabile e con ricadute funzionali),

  • può essere ricondotto con nesso causale plausibile all’ambiente lavorativo,

  • vi sia stata negligenza o responsabilità organizzativa nel prevenire e gestire la situazione.


La giurisprudenza, in particolare nei casi di mobbing, bossing o clima lavorativo disfunzionale, ha più volte riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico di natura psichica, oltre al danno morale e patrimoniale.




🧠 Come si valuta il danno psicologico?


La valutazione del danno psichico avviene tramite una perizia psicologica o medico-legale, spesso richiesta in sede giudiziaria o assicurativa.


Gli elementi principali della valutazione sono:


  1. Analisi anamnestica e clinica: raccolta della storia personale, lavorativa e sanitaria.

  2. Valutazione psicodiagnostica: somministrazione di test psicologici standardizzati.

  3. Esame dei documenti: cartelle cliniche, certificati, testimonianze, segnalazioni interne.

  4. Accertamento del nesso causale: verifica che il danno psicologico sia effettivamente riconducibile alla situazione lavorativa denunciata.

  5. Quantificazione del danno: stima in percentuale dell’invalidità permanente o temporanea, secondo tabelle medico-legali (es. INAIL, Tribunali).



🧾 Cosa può chiedere la persona danneggiata?


Se il danno viene accertato, il lavoratore può chiedere:


  • il risarcimento del danno biologico (psichico),

  • il risarcimento del danno morale (sofferenza soggettiva),

  • il risarcimento del danno patrimoniale (perdita di reddito, spese mediche),

  • in alcuni casi, il reintegro o il risarcimento per licenziamento illegittimo.


Tuttavia, è fondamentale documentare con cura la situazione: email, testimonianze, certificati medici, segnalazioni interne all’azienda o al medico competente possono essere decisivi.



🛡️ Prevenzione e tutela


Le aziende sono tenute, per legge (D.Lgs. 81/2008), a valutare i rischi da stress lavoro-correlato e a mettere in atto misure preventive.


La prevenzione passa anche da:


  • una buona organizzazione del lavoro;

  • formazione sulla gestione dei conflitti;

  • attenzione ai segnali di malessere tra i dipendenti;

  • promozione del benessere organizzativo.



🧭 Conclusioni


Il mobbing e lo stress lavoro-correlato non sono semplici disagi passeggeri: possono avere conseguenze profonde e durature sulla salute mentale della persona.


La valutazione del danno psicologico è uno strumento fondamentale per riconoscere il torto subito, ottenere giustizia e, soprattutto, tutelare la dignità della persona nel contesto lavorativo.

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