Come si svolge una consulenza tecnica con un minore?
- Laura Cocozza
- 18 apr
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 6 mag

Quando in un procedimento civile o penale sono coinvolti dei bambini o ragazzi, il giudice può richiedere una valutazione psicologica del minore. In questi casi entra in gioco la figura dello psicologo forense, che svolge una consulenza tecnica volta a comprendere meglio il vissuto, i bisogni e le relazioni del minore.
Ma come si svolge concretamente questo tipo di consulenza?
E cosa devono aspettarsi i genitori o gli adulti coinvolti?
Quando viene chiesta una consulenza tecnica sul minore?
La consulenza tecnica può essere richiesta in vari contesti, ad esempio:
Separazioni o divorzi conflittuali, per valutare il benessere del minore e il suo rapporto con ciascun genitore;
Cause di affidamento, collocamento o revisione degli accordi precedenti;
Segnalazioni di disagio, rifiuto o maltrattamento, in cui è necessario ascoltare il punto di vista del minore;
Casi penali in cui il minore è vittima o testimone di un reato.
In questi casi, il giudice può nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) o un perito, affiancato eventualmente dai Consulenti Tecnici di Parte (CTP), per approfondire la situazione in modo competente e tutelante.
Come si svolge la consulenza con un minore?
Lo psicologo forense prepara con attenzione il percorso, calibrandolo all’età, al livello di sviluppo e alla sensibilità del bambino o del ragazzo. Ogni incontro è pensato per garantire sicurezza, rispetto e ascolto autentico.
Le fasi principali sono:
1. Colloqui preliminari con i genitori o tutori
Servono a raccogliere informazioni sul contesto familiare, le preoccupazioni, gli obiettivi della valutazione.
2. Incontri individuali con il minore
Possono essere uno o più, e si svolgono in modo rispettoso e mai invasivo. Lo psicologo può usare:
colloqui liberi o semi-strutturati (parlare della famiglia, della scuola, dei vissuti quotidiani),
giochi, disegni, storie (con i bambini più piccoli),
test psicologici standardizzati, se ritenuti necessari.
L’obiettivo non è “interrogare” il minore, ma ascoltarlo nel suo mondo, senza forzature.
3. Osservazione della relazione con i genitori
In alcuni casi lo psicologo può osservare il minore in presenza di uno o entrambi i genitori, per capire come comunicano, come si cercano, come si relazionano.
4. Ascolto protetto (nei casi penali o delicati)
Quando il minore è vittima o testimone, l’ascolto avviene in modalità protetta, spesso con il supporto di uno specchio unidirezionale, e seguendo protocolli specifici (linee guida per la raccolta del narrato).
Come viene tutelato il minore?
La priorità assoluta è il benessere del bambino o ragazzo. Per questo:
Gli incontri si svolgono in un ambiente accogliente e protetto;
Lo psicologo forense ha una formazione specifica sul lavoro con i minori;
L’ascolto è sempre adeguato all’età e alla maturità del minore;
Nessun minore viene costretto a parlare di ciò che non si sente pronto a dire.
Cosa succede dopo?
Dopo aver concluso gli incontri, lo psicologo stende una relazione tecnica che viene inviata al giudice. Questa relazione può contenere:
una descrizione del percorso svolto,
una sintesi degli elementi emersi,
una valutazione psicologica del minore (stato emotivo, relazioni, bisogni),
eventuali indicazioni utili alla decisione del giudice.
Nei casi con CTP (consulenti di parte), questi possono esprimere osservazioni e valutazioni integrative.
Hai bisogno di informazioni o supporto?
Se ti è stato comunicato l’avvio di una consulenza tecnica che coinvolge tuo figlio, o se vuoi capire meglio come si svolge un ascolto del minore in ambito giudiziario, possiamo aiutarti.
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