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Separarsi senza distruggersi: cos’è (e perché serve) l’accompagnamento alla separazione.

  • Immagine del redattore: Laura Cocozza
    Laura Cocozza
  • 20 apr
  • Tempo di lettura: 2 min


Separarsi non è mai facile.


Che la decisione sia arrivata dopo mesi di silenzi o in un’esplosione improvvisa, la fine di una relazione porta con sé un carico emotivo importante: dolore, rabbia, senso di fallimento, paura del futuro.


E quando ci sono figli, tutto si complica.


In mezzo al caos emotivo e pratico che una separazione può generare, c’è uno strumento poco conosciuto ma molto prezioso: l’accompagnamento alla separazione.


Un percorso pensato per aiutare le persone a chiudere in modo meno traumatico e più consapevole una storia che finisce. Ma soprattutto, per continuare a essere genitori — anche se non si è più una coppia.



Ma in pratica, cosa significa “accompagnamento alla separazione”?


Non è terapia di coppia, non è mediazione familiare in senso stretto e non è una consulenza legale.


È uno spazio di ascolto e confronto in cui due persone possono:


  • raccontarsi cosa è successo e come ci sono arrivati,

  • capire come riorganizzare la vita quotidiana senza travolgere i figli,

  • imparare a comunicare meglio (o almeno a non farsi più male ogni volta che si parlano),

  • prendere decisioni più lucide e meno impulsive.


L’obiettivo? Non tornare insieme, ma riuscire a separarsi nel modo meno distruttivo possibile. Per sé e per i propri figli.



Perché è utile?


Perché quando si è dentro a un dolore così grande, è facile perdere la bussola.

Spesso i figli diventano spettatori (o peggio, strumenti) del conflitto. I genitori si parlano solo tramite avvocati, oppure si accusano a vicenda su WhatsApp a ogni cambio turno.


L’accompagnamento alla separazione serve proprio a rimettere al centro i bisogni dei bambini, e a costruire una nuova forma di collaborazione genitoriale.


Non è sempre facile. Ma è possibile.



Chi può accompagnare?


Dipende dal contesto. A volte è uno psicologo con esperienza familiare, a volte un mediatore, un educatore o un assistente sociale. In certi casi, soprattutto se c’è un alto livello di conflittualità, interviene una figura chiamata coordinatore genitoriale.


L’importante è che sia un professionista competente, capace di stare dentro al conflitto senza prenderne parte, e aiutare entrambi i genitori a fare un passo alla volta, nella stessa direzione: quella del benessere dei figli.



Separarsi con cura


Non esiste una separazione “perfetta”, e nessuno ha la ricetta giusta. Ma esiste un modo per farlo con rispetto, con lucidità e con meno dolore possibile.


Separarsi con cura significa riconoscere che anche quando una storia finisce, resta qualcosa da proteggere: i legami con i figli, la dignità delle persone, la possibilità di non trasformare il passato in un campo di battaglia permanente.

Accompagnare una separazione è, in fondo, un gesto di responsabilità e amore. Per sé, per l’altro, per i propri figli.


E anche se fa male, può diventare l’inizio di qualcosa di nuovo. Più sano, più libero, più vero.



Vuoi saperne di più?


Se stai affrontando una separazione o ti trovi in difficoltà nella gestione della genitorialità condivisa, il team di PsyLex può aiutarti.


Offriamo percorsi di accompagnamento personalizzati, mediazione familiare e supporto psicogiuridico, con uno sguardo attento al benessere di tutta la famiglia.


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Separarsi è un passaggio delicato. Fallo con cura. Fallo con qualcuno accanto.

 
 
 

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